Opera imponente ma inutile durante la I guerra mondiale
Ghiacciaio - Confine Italia-Austria - Progetto - Leo Handl - Gallerie
La Prima Guerra Mondiale fu combattuta per 3 estati e 2 inverni anche sul ghiacciaio della Marmolada.
Da una parte le truppe austriache, dall'altra quelle italiane.
Le prime cercavano di conquistare la discesa verso la valle del Cordevole, le seconde tentavano di procedere verso la Valle di Fassa. Il
confine tra Italia e Austria correva tra Serauta (italiana, m. 3309) e Punta Penia (austriaca, m. 3344, punto più alto della Marmolada) e poi
scendeva fino a Passo Fedaia (2057 m) ove oggi si trova la diga con il lago omonimo.
Si combatteva anche con temperature di -20 o -30 °C e molte volte ci pensavano il freddo o le valanghe a decimare le truppe.
Il progetto della città di ghiaccio sulla Marmolada
Il progetto della città di ghiaccio è opera del tenente Leo Handl.
Il nome del tenente Handl è ricordato da una targa sulle postazioni di artiglieria del Varos (sovrastante la val Contrin) e da una targa posta
all'inizio della strada militare che da Villetta Maria porta al Gran Poz.
Verso la fine di maggio del 1916 il tenente ing. Leo Handl, comandante della compagnia guide alpine dell’esercito austro-ungarico e appartenente
al battaglione Dornbirn, si rende conto che il rifornimento delle postazioni più avanzate delle truppe austriache doveva avvenire lungo il
ghiacciaio della Marmolada sotto l’infuriare delle avversità atmosferiche e del fuoco nemico degli italiani, posizionato sulla Serauta.
Per questo decise la costruzione della città di ghiaccio, attraverso lo scavo sotterraneo di gallerie nel ghiacciaio stesso.
La realizzazione della città di ghiaccio sulla Marmolada
L’esplosivo migliore per il ghiaccio era l’ecrasite che però produceva esalazioni e ristagnava per lungo tempo negli ambienti. Per questo motivo e
per la scarsa disponibilità a causa dell’offensiva sull’Isonzo, lo scavo avvenne senza l’ausilio di esplosivi.
Durante la costruzione si compresero le diverse caratteristiche tra il ghiaccio superficiale e quello più profondo, il diverso modo in cui
aderisce alla roccia a seconda delle stagioni, l’influenza del vento e della temperatura sulla consistenza della neve. Osservazioni molto utili per
i glaciologi.
La città era scavata in gallerie profonde talvolta anche 50 metri. Le gallerie collegavano tra loro anche i crepacci già presenti nel ghiacciaio ed
avevano dimensioni di 2,5 m di larghezza fino a 2 m di altezza. L’avanzamento durante le normali giornate di lavoro era di circa 6 metri.
Le difficoltà realizzative della città di ghiaccio
Poichè si osservò che il ghiacciaio in inverno scivolava all’ingiù sulla roccia e in estate si ritirava, furono predisposti dei contrassegni per
segnalare i movimenti del ghiacciaio. La lunghezza complessiva delle gallerie era prevista inizialmente di 8 km, ma poi, con gli ampliamenti
eseguiti, arrivò a 12 km.
La città di Ghiaccio iniziava presso Cima Dodici e giungeva fino a Cima Undici e a Forcella a Vu (vedi foto).
Siccome nelle gallerie si dovevano superare anche
1000 m di dislivello per salire dalla bocca del ghiacciaio a circa 3259 m (in corrispondenza della Forcella a Vu), che causavano delle grosse
variazioni delle pressioni d’aria, furono create delle camere di decompressione.
Per poter distinguerle fra di loro le gallerie avevano un nome ed ai bivi c’erano cartelli indicatori.
La città sotto la Marmolada
Come in una vera città era necessario identificare univocamente le varie strade. Ecco, allora, il Crepaccio Terminale (dedicato all’Imperatore
Francesco Giuseppe), il Duomo di Vienna , la via Principale, il Caffè Centrale, la Sala d’attesa di IV classe, il mare di ghiaccio e il
Duomo di ghiaccio.
All’interno della città c’erano baracche per ospitare 250 uomini, camere per le provviste, cucine, magazzini munizioni, latrine, posti per
conservare la legna, bar per ufficiali, posti di osservazione, postazione per 1 cannone, ventilatori (vedi planimetria in scala 1:300)
La vita dentro la città presentava alcuni problemi: ad esempio il tiraggio dei fumaioli delle stufe gelava al punto che il fumo si raffreddava e
ricadeva nelle stufe, causando principi di soffocamento. Inoltre l’illuminazione a petrolio/acetilene puzzava e sviluppava parecchia fuliggine
che anneriva i soldati.
Città di ghiaccio: un'intuizione geniale ma inutile
A causa della ritirata italiana, avvenuta nel 1917 con la disfatta di Caporetto, la Città di Ghiaccio si rivelò inutile.
Il tempo e lo scorrimento del ghiaccio verso valle hanno distrutto tutti i manufatti.